Bologna, 15 marzo 2018 – Da strategia di sopravvivenza a opportunità di crescita; si potrebbe così sintetizzare il processo di internazionalizzazione che negli ultimi 10 anni ha contraddistinto l’attività imprenditoriale del settore agroalimentare italiano. Sebbene l’Italia abbia da sempre giocato un ruolo di primo piano nel commercio internazionale di prodotti agroalimentari, il calo dei consumi domestici conseguente agli effetti della crisi economica ha spinto le imprese alimentari italiane a rivolgersi sempre di più al consumatore straniero. Basti pensare che tra il 2007 e il 2017 il valore delle esportazioni agroalimentari italiane è passato da 22 ad oltre 40 miliardi di euro, record storico, sebbene ancora lontano dall’ambizioso traguardo che il Paese si è dato dei 50 miliardi al 2020. In particolare, a trainare questa crescita sono settori tipici del “Made in Italy” come lattiero-caseario, carne e derivati, vino, che, a partire dal 2007, hanno fatto segnare incrementi medi annui dell’export superiori al 6%.
È quanto emerge dalla relazione di Nomisma presentata oggi in occasione del convegno “L’agroalimentare italiano alla prova dell’internazionalizzazione”, evento organizzato presso il Savoia Hotel di Bologna dallo studio legale LS Lexjus Sinacta e che ha visto la partecipazione, tra gli altri, di Ioanna Stavropoulou (Granarolo spa), Giordano Emo Capodilista (Confagricoltura), Massimiliano Montalti (Assologistica), Andrea Villani (A.G.E.R.), Damiano Frosi (Politecnico di Milano).
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